Ricorso proposto dalla Regione Lombardia (c.f.  80050050154)  con
sede in Milano - Piazza Citta' di Lombardia  n.  1,  in  persona  del
Presidente pro tempore, dott. Roberto Maroni, nato  a  Varese  il  15
marzo 1955 (c.f. MRN RRT 55C15 L682T) autorizzato  con  deliberazione
della Giunta regionale della Lombardia n. 7121 del 29 settembre  2017
(doc. 1), rappresentato e difeso, per mandato a margine del  presente
atto, tanto unitamente  quanto  disgiuntamente,  dagli  avv.ti  Piera
Pujatti (c.f. PJTPRI62C51C722G)  dell'Avvocatura  regionale  e  Luigi
Manzi (c.f. MNZLGU34E15HS01V) del Foro di Roma, con domicilio  eletto
presso lo studio di quest'ultimo in Roma, Via Confalonieri, n. 5 (per
eventuali   comunicazioni:   fax   06/3211370,   posta    elettronica
certificata luigimanzi@ordineavvocatiroma.org). 
    Contro il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  pro  tempore,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato,  presso
la quale e' domiciliato ex lege in Roma, via dei  Portoghesi,  n.  12
per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli  articoli
61, comma 2; 62, comma 7; 64; 65; 72 del decreto legislativo 3 luglio
2017, n. 117, recante «Codice del Terzo settore, a norma dell'art. 1,
comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016,  n.  106»  pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale, 2 agosto 2017, n. 179, S.O., per violazione
degli articoli 3, 76, 97, 114, 117, commi III e IV, 118 e 119  Cost.,
oltreche' del principio di leale collaborazione di cui  all'art.  120
Cost. 
    L'art. 1 della legge 6 giugno 2016 n.  106,  recante  «Delega  al
Governo per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e  per
la disciplina del servizio civile universale», ha disposto  che:  «Al
fine di sostenere l'autonoma iniziativa dei cittadini che concorrono,
anche in forma associata, a perseguire il bene comune, ad  elevare  i
livelli di cittadinanza attiva, di  coesione  e  protezione  sociale,
favorendo la partecipazione, l'inclusione e il pieno  sviluppo  della
persona, a valorizzare il potenziale di  crescita  e  di  occupazione
lavorativa, in attuazione degli articoli  2,  3,  18  e  118,  quarto
comma, della Costituzione, il Governo e delegato ad  adottare,  entro
dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno
o piu' decreti legislativi in materia di riforma del  Terzo  settore.
Per  Terzo  settore  si  intende  il  complesso  degli  enti  privati
costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro,  di  finalita'
civiche, solidaristiche e di utilita' sociale e  che,  in  attuazione
del principio di  sussidiarieta'  e  in  coerenza  con  i  rispettivi
statuti o atti costitutivi,  promuovono  e  realizzano  attivita'  di
interesse generale mediante forme di azione volontaria e  gratuita  o
di mutualita' o di produzione e scambio di beni e servizi. Non  fanno
parte del Terzo settore le formazioni e le associazioni politiche,  i
sindacati, le  associazioni  professionali  e  di  rappresentanza  di
categorie economiche. Alle fondazioni bancarie, in  quanto  enti  che
concorrono al perseguimento delle finalita' della presente legge, non
si applicano le disposizioni contenute in essa e nei relativi decreti
attuativi.» 
    Nello specifico, il seguente comma 2, lettera b), ha delegato  il
Governo al  riordino  e  alla  revisione  organica  della  disciplina
speciale e delle altre disposizioni vigenti relative  agli  enti  del
Terzo settore di cui al comma 1, compresa  la  disciplina  tributaria
applicabile a tali enti, mediante la redazione di un apposito  codice
del Terzo settore, secondo i principi e i criteri  direttivi  di  cui
all'art. 20, commi 3 e 4,  della  legge  15  marzo  1997,  n.  59,  e
successive modificazioni. 
    In particolare, tra i principi e  criteri  direttivi,  l'art.  4,
comma 1, lettera b) della citata legge  ha  affidato  al  legislatore
delegato  il  compito  di  «individuare  le  attivita'  di  interesse
generale che caratterizzano  gli  enti  del  Terzo  settore,  il  cui
svolgimento, in coerenza con le previsioni  statutarie  e  attraverso
modalita' che prevedano le piu' ampie condizioni di accesso da  parte
dei soggetti beneficiari, costituisce requisito  per  l'accesso  alle
agevolazioni previste  dalla  normativa  e  che  sono  soggette  alle
verifiche di cui alla lettera i). Le attivita' di interesse  generate
di cui alla presente lettera sono individuate secondo criteri che ten
gano conto delle finalita'  civiche,  solidaristiche  e  di  utilita'
sociale nonche' sulla base del settori di attivita' gia' previsti dal
decreto  legislativo  4  dicembre  1997,  n.  460,  e   dal   decreto
legislativo 24 marzo 2006, n. 155. Al periodico  aggiornamento  delle
attivita'  di  interesse  generate  si  provvede  con   decreto   del
Presidente del Consiglio dei ministri da  adottare  su  proposta  del
Ministro del lavoro e delle politiche sociali,  acquisito  il  parere
delle commissioni parlamentari competenti». 
    In  attuazione  della  delega,  il   Governo   ha   cosi   potuto
circoscrivere l'ambito semantico-giuridico del concetto,  di  per  se
elastico e dagli incerti confini, di «Terzo settore». In particolare,
l'art. 5 del decreto legislativo n. 117/2017, rubricato «Attivita' di
interesse generale», statuisce che: «1. Gli enti del  Terzo  settore,
diversi  dalle  imprese  sociali  incluse  le  cooperative   sociali,
esercitano in via esclusiva o principale  una  o  piu'  attivita'  di
interesse generate per il perseguimento, senza  scopo  di  lucro,  di
finalita'  civiche,  solidaristiche  e  di   utilita'   sociale.   Si
considerano di interesse generate,  se  svolte  in  conformita'  alle
norme particolari  che  ne  disciplinano  l'esercizio,  le  attivita'
aventi ad oggetto: 
      a) interventi e servizi sociali al sensi dell'art. 1, commi 1 e
2, della legge 8 novembre 2000, n. 328, e successive modificazioni, e
interventi, servizi e prestazioni di cui alla legge 5 febbraio  1992,
n.  104,  e  alla  legge  22  giugno  2016,  n.  112,  e   successive
modificazioni; 
      b) interventi e prestazioni sanitarie; 
      c) prestazioni socio-sanitarie di cui al decreto del Presidente
del  Consiglio  dei  ministri  14  febbraio  2001,  pubblicato  nella
Gazzetta  Ufficiale  n.  129  del  6  giugno   2001,   e   successive
modificazioni; 
      d) educazione, istruzione e formazione professionale, ai  sensi
della legge 28 marzo 2003, n. 53, e successive modificazioni, nonche'
le attivita' culturali di interesse sociale con finalita' educativa; 
      e) interventi e servizi  finalizzati  alla  salvaguardia  e  al
miglioramento  delle  condizioni  dell'ambiente  e  all'utilizzazione
accorta  e  razionale  delle   risorse   naturali,   con   esclusione
dell'attivita', esercitata abitualmente, di  raccolta  e  riciclaggio
dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi; 
      f)  interventi  di  tutela  e  valorizzazione  del   patrimonio
culturale e del  paesaggio,  ai  sensi  del  decreto  legislativo  22
gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni; 
      g) formazione universitaria e post-universitaria; 
      h) ricerca scientifica di particolare interesse sociale; 
      i) organizzazione e gestione di attivita' culturali, artistiche
o  ricreative  di  interesse  sociale,   incluse   attivita',   anche
editoriali, di promozione e diffusione della cultura e della  pratica
del volontariato e delle attivita' di interesse generale  di  cui  al
presente articolo; 
      j) radiodiffusione sonora a  carattere  comunitario,  ai  sensi
dell'art. 16,  comma  5,  della  legge  6  agosto  1990,  n.  223,  e
successive modificazioni; 
      k)  organizzazione  e  gestione  di  attivita'  turistiche   di
interesse sociale, culturale o religioso; 
      l) formazione extra-scolastica,  finalizzata  alla  prevenzione
della dispersione scolastica e al successo  scolastico  e  formativo,
alla  prevenzione  del  bullismo  e  al  contrasto   della   poverta'
educativa; 
      m) servizi strumentali ad enti del Terzo settore resi  da  enti
composti in misura non inferiore al settanta per cento  da  enti  del
Terzo settore; 
      n) cooperazione allo sviluppo, ai sensi della legge  11  agosto
2014, n. 125, e successive modificazioni; 
      o)  attivita'  commerciali,   produttive,   di   educazione   e
informazione, di promozione, di  rappresentanza,  di  concessione  in
licenza di marchi di certificazione, svolte nell'ambito o a favore di
filiere del commercio equo e solidale, da intendersi come un rapporto
commerciale  con  un  produttore  operante   in   un'area   economica
svantaggiata, situata, di norma, in un  Paese  in  via  di  sviluppo,
sulla base di un accordo di lunga  durata  finalizzato  a  promuovere
l'accesso del produttore al mercato e che preveda il pagamento di  un
prezzo equo, misure di sviluppo in favore del produttore e  l'obbligo
del produttore di garantire condizioni di lavoro sicure, nel rispetto
delle normative nazionali ed internazionali, in modo da permettere ai
lavoratori  di  condurre  un'esistenza  libera  e  dignitosa,  e   di
rispettare  i  diritti  sindacali,  nonche'  di  impegnarsi  per   il
contrasto del lavoro infantile; 
      p) servizi finalizzati all'inserimento o al  reinserimento  nel
mercato del lavoro dei lavoratori e delle persone di cui all'art.  2,
comma 4, del decreto legislativo recante revisione  della  disciplina
in materia di impresa sociale, di cui all'art. 1,  comma  2,  lettera
c), della legge 6 giugno 2016, n. 106; 
      q) alloggio sociale, ai sensi del decreto del  Ministero  delle
infrastrutture  del  22  aprile  2008,  e  successive  modificazioni,
nonche' ogni altra attivita'  di  carattere  residenziale  temporaneo
diretta a soddisfare bisogni sociali, sanitari, culturali,  formativi
o lavorativi; 
      r) accoglienza umanitaria ed integrazione sociale del migranti; 
      s) agricoltura sociale, ai sensi dell'art.  2  della  legge  18
agosto 2015, n. 141, e successive modificazioni; 
      t)   organizzazione   e   gestione   di   attivita'    sportive
dilettantistiche; 
      u) beneficenza,  sostegno  a  distanza,  cessione  gratuita  di
alimenti o prodotti di cui alla legge  19  agosto  2016,  n.  166,  e
successive modificazioni, o erogazione di denaro, beni  o  servizi  a
sostegno di persone svantaggiate o di attivita' di interesse generate
a norma del presente articolo; 
      v) promozione della cultura della legalita', della pace  tra  i
popoli, della nonviolenza e della difesa non armata; 
      w) promozione e tutela dei diritti  umani,  civili,  sociali  e
politici, nonche' del diritti dei consumatori e  degli  utenti  delle
attivita'  di  interesse  generale  di  cui  at  presente   articolo,
promozione delle  pari  opportunita'  e  delle  iniziative  di  aiuto
reciproco, incluse le banche dei tempi di cui all'art. 27 della legge
8 marzo 2000, n. 53, e i gruppi di acquisto solidale di cui  all'art.
1, comma 266, della legge 24 dicembre 2007, n. 244; 
      x) cura di procedure di adozione internazionale ai sensi  della
legge 4 maggio 1983, n. 184; 
      y) protezione civile ai sensi della legge 24 febbraio 1992,  n.
225, e successive modificazioni; 
      z) riqualificazione di beni pubblici  inutilizzati  o  di  beni
confiscati alla criminalita' organizzata.» 
    Il  vasto  orizzonte  delle  attivita'  annoverate   tra   quelle
ricadenti nel «Terzo settore» determina un rilevante impatto rispetto
a numerosi ambiti materiali affidati alle cure delle Regioni, oltre a
testimoniare la stretta correlazione esistente tra tali  attivita'  e
il territorio. Correlazione che impone la necessita' di conformare  i
servizi «sociali» di interesse generale in ragione delle specifiche e
particolari esigenze di ogni territorio. Il che, a sua  volta,  esige
il riconoscimento in capo alle Regioni di un ruolo centrale, anche  e
soprattutto nella definizione delle priorita' di intervento  e  nella
definizione   della   «politica   sociale»   da   attuare   per    il
soddisfacimento dei bisogni delle popolazione locali. 
    In particolare, le attivita' annoverate ricomprendono materie  di
cui  all'art.  117  III  e  IV  comma,  ossia  materie  di   potesta'
concorrente e materie di potesta' residuale, esclusiva delle Regioni. 
    Basti pensare, a titolo meramente esemplificativo,  alle  materie
«politiche  sociali»,  «istruzione   e   formazione   professionale»,
«artigianato», «commercio  e  fiere»,  «agricoltura»,  «turismo»,  e,
inoltre,  quali  materie  di  potesta'  concorrente,  «tutela   della
salute», «protezione civile», «valorizzazione dei beni culturali». 
    Su tale base esegetica e teleologica  occorre  valutare,  in  via
prodromica, ove la  novella  disciplina  legislativa  afferisca  alla
competenza esclusiva dello Stato in materia di «ordinamento  civile»,
«tutela della concorrenza», «sistema  tributario»  e  «determinazione
dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili
e  sociali  che  devono  essere  garantiti  su  tutto  il  territorio
nazionale» ed, ove, invece, essa oltrepassi i  legittimi  confini  di
tali materie,  venendo  ad  incidere  sull'autonomia  legislativa  ed
amministrativa, oltreche' politica delle Regioni. 
    In  particolare,  la  disciplina  regolatoria  che  definisce  la
natura, il funzionamento, la strutturazione degli enti facenti  parte
del «Terzo settore», vista la loro  natura  di  soggetti  di  diritto
privato,  sembra  senza   dubbi   di   sorta   ricadere   nell'ambito
dell'ordinamento civile. Cosi come la disciplina tributaria, pur  ove
determini in via indiretta indirizzi di politica «sociale»  in  grado
di favorire determinati  settori  rispetto  ad  altri,  in  tal  modo
limitando dall'esterno l'autonomia politica  regionale  in  ordine  a
rilevanti settori affidati alle cure degli  enti  territoriali,  puo'
ritenersi afferente alla materia «sistema tributario». 
    Parimenti, le varie disposizioni contenute  nel  novello  Codice,
dirette a evitare che il regime di favore  per  gli  enti  del  Terzo
settore possa alterare il regime di libera concorrenza nel mercato o,
rectius, nei mercati, sono annoverabili nell'ambito della  competenza
esclusiva dello Stato in materia di tutela della  concorrenza.  Cosi'
come la definizione dei livelli  minimi  ed  essenziali  dei  servizi
sociali da assicurare sull'intero territorio nazionale. 
    Ove, invece,  la  disciplina  codicistica  introduce  un  sistema
«amministrativo» diretto a promuovere e  sostenere  gli  enti  e,  in
generale, il sistema del  Terzo  settore  (Titolo  VIII  del  Codice)
ovvero laddove prevede la destinazione vincolata di Fondi a favore di
iniziative e progetti promossi  da  soggetti  iscritti  nel  Registro
unico nazionale del Terzo settore o al finanziamento del sistema  dei
Centri di servizio per il volontariato, essa e' estranea agli  ambiti
materiali di competenza  esclusiva  dello  Stato,  venendo  invece  a
incidere   sull'autonomia,   prima   ancora   che    legislativa    e
amministrativa, politica delle Regioni, che possono  vedere,  in  tal
caso, impedite o comunque alterate le scelte di  politica  sanitaria,
turistica,  sociale,  culturale  ecc.  che   alle   stesse   compete.
Soprattutto,  ove,  come  avviene  nelle  disposizioni  del   decreto
legislativo n. 117/2017 in questa sede impugnate, non sia previsto un
adeguato coinvolgimento delle autonomie territoriali,  che  subiscono
una espropriazione decisoria, senza alcuna forma di compensazione che
consenta alle stesse di  esercitare  la  propria  autonomia  politica
nell'interesse del cittadino e tenendo in  giusta  considerazione  le
condizioni socio-economiche del proprio territorio. 
    Il che, oltre a ledere in via autonoma  le  competenze  regionali
riconosciute  dalla  Costituzione  della  Repubblica   italiana,   si
riverbera in una lesione del principio di eguaglianza di cui all'art.
3 Cost. nonche' del canone di buon andamento dell'agire  pubblico  di
cui all'art. 97 Cost. Cia in quanto, come in precedenza rilevato,  la
stretta correlazione tra territorio, bisogni del territorio e servizi
«sociali» di interesse generale,  esige  che  sia  riconosciuto  alle
Regioni  un  ruolo  centrale  nella  definizione,  programmazione   e
promozione  del  «Terzo  settore»,   di   modo   da   assicurare   il
conseguimento di un'eguaglianza che non sia solo formale, ma  che  si
dia in  termini  sostanziali.  Esito  che  potra'  essere  conseguito
unicamente ove i bisogni specifici del territorio  vedano  intervento
ravvicinato delle Regioni,  naturali  conoscitrici  e  soddisfattrici
degli stessi. In una sinergia «territoriale» tra politica pubblica  e
intervento  privato,  indispensabile  al   fine   di   garantire   la
ragionevolezza   oltreche'   la    proficuita'    della    disciplina
«amministrativa» e di intervento finanziario nel Terzo settore. 
 
                               Motivi: 
 
    Si e' esposto  come  le  norme  in  materia  di  «Terzo  settore»
involgano anche ambiti di competenza statale e come, tuttavia, vadano
anche ad incidere pesantemente sulle politiche regionali  in  materie
di cui all'art 117 III e IV comma. 
    Inoltre, si sottolinea come con la sentenza n. 236/2013  e  stato
stabilito che: «le Regioni sono legittimate  a  denunciare  la  legge
statale anche per la lesione di parametri diversi do quelli  relativi
al riparto  delle  competenze  legislative  ove  la  loro  violazione
comporti   una   compromissione    delle    attribuzioni    regionali
costituzionalmente garantite o  ridondi  sul  riparto  di  competenze
legislative (ex plurimis, sentenze n. 128 e n. 33 del 2011, n. 156  e
n. 52 del 2010).» 
    Le violazioni di parametri costituzionali, sotto enucleati,  sono
pertanto  denunziati  dalla  regione  Lombardia   anche   in   quanto
compromettono alcune attribuzioni regionali e ridondano  sul  riparto
di competenze. 
    Nell'odierno giudizio, peraltro,  la  qui  dimostrata  potenziale
ridondanza viene in rilievo ai fini dell'ammissibilita' relativa alla
violazione dell'art. 76 Cost., 97 e  dell'art  3  Cost.,  giacche  le
ulteriori  censure  sono  tutte  svolte  in  relazione  ai  parametri
costituzionali del Titolo V. 
    Tanto premesso, si procede all'esposizione dei motivi di ricorso. 
    1) Illegittimita' costituzionale degli articoli 61, comma 2;  62,
comma 7; 64 e 65 del decreto  legislativo  3  luglio  2017,  n.  117,
recante «Codice del Terzo settore, a  norma  dell'art.  1,  comma  2,
lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106» per  violazione  degli
articoli 3, 76, 97, 117, commi III e IV,  118  Cost.,  oltreche'  del
principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost. 
    L'art.  64  del  decreto  legislativo  3  luglio  2017,  n.  117,
rubricato «Organismo nazionale di controllo», dispone che: «1.  L'ONC
e' una fondazione con  personalita'  giuridica  di  diritto  privato,
costituita con decreto del Ministro  del  lavoro  e  delle  politiche
sociali, al fine di svolgere, per finalita'  di  interesse  generale,
funzioni di indirizzo e di controllo dei  CSV.  Essa  gode  di  piena
autonomia statutaria  e  gestionale  nel  rispetto  delle  norme  del
presente  decreto,  del  codice  civile  e  dalle   disposizioni   di
attuazione del medesimo. Le funzioni  di  controllo  e  di  vigilanza
sull'ONC previste dall'art. 25 del codice civile sono esercitate  dal
Ministero del lavoro e delle politiche sociali. 
    2. Il decreto  di  cui  al  comma  1  provvede  alla  nomina  dei
componenti dell'organo di amministrazione dell'ONC, che  deve  essere
formato da: 
      a) sette  membri,  di  cui  uno  con  funzioni  di  Presidente,
designati  dall'associazione  delle  FOB  piu'  rappresentativa   sul
territorio nazionale in ragione del numero di FOB ad essa aderenti; 
      b)  due  membri  designati  dall'associazione  dei   CSV   piu'
rappresentativa sul territorio nazionale in ragione del numero di CSV
ad essa aderenti; 
      c) due membri, di cui uno espressione delle  organizzazioni  di
volontariato,  designati  dall'associazione  degli  enti  del   Terzo
settore piu' rappresentativa sul territorio nazionale in ragione  del
numero di enti del Terzo settore ad essa aderenti; 
      d)  un  membro  designato  dal  Ministro  del  lavoro  e  delle
politiche sociali; 
      e) un membro designato dalla Conferenza Stato-Regioni. 
    3. I componenti dell'organo di amministrazione sono nominati  con
decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, durano  in
carica tre  anni,  ed  in  ogni  caso  sino  al  rinnovo  dell'organo
medesimo. Per ogni componente effettivo e designato un  supplente.  I
componenti non possono  essere  nominati  per  piu'  di  tre  mandati
consecutivi.  Per  la  partecipazione  all'ONC  non  possono   essere
corrisposti a favore dei componenti emolumenti gravanti sul FUN o sul
bilancio dello Stato. 
    4. Come suo primo atto, l'organo  di  amministrazione  adotta  lo
statuto dell'ONC col  voto  favorevole  di  almeno  dodici  dei  suoi
componenti. Eventuali modifiche statutarie devono  essere  deliberate
dall'organo di amministrazione con la medesima maggioranza di voti. 
    5. L'ONC svolge le seguenti funzioni in conformita'  alle  norme,
ai principi e agli obiettivi del presente decreto e alle disposizioni
del proprio statuto; 
      a) amministra il FUN e riceve i contributi  delle  FOB  secondo
modalita' da essa individuate; 
      b) determina i contributi integrativi dovuti dalle FOB ai sensi
dell'art. 62, comma 11; 
      c) stabilisce il numero di  enti  accreditabili  come  CSV  nel
territorio nazionale nel rispetto di quanto  previsto  dall'art.  61,
commi 2 e 3; 
      d)  definisce  triennalmente,  nel  rispetto  dei  principi  di
sussidiarieta' e di autonomia ed indipendenza delle organizzazioni di
volontariato e di  tutti  gli  altri  enti  del  Terzo  settore,  gli
indirizzi strategici generali da perseguirsi  attraverso  le  risorse
del FUN; 
      e) determina l'ammontare del  finanziamento  stabile  triennale
dei CSV e ne stabilisce la ripartizione annuale  e  territoriale,  su
base regionale, secondo quanto previsto dall'art. 62, comma 7; 
      f) versa annualmente ai CSV e  all'associazione  dei  CSV  piu'
rappresentativa sul territorio nazionale in ragione del numero di CSV
ad essa aderenti le somme loro assegnate; 
      g) sottopone  a  verifica  la  legittimita'  e  la  correttezza
dell'attivita' svolta dall'associazione dei CSV di cui  all'art.  62,
comma 7, attraverso le risorse del FUN ad essa assegnate dall'ONC  ai
sensi dell'articolo medesimo; 
      h) determina i costi del suo funzionamento, inclusi i costi  di
funzionamento degli OTC e i costi relativi ai componenti degli organi
di controllo interno dei CSV, nominati ai sensi dell'art.  65,  comma
6, lettera e); 
      i)  individua  criteri  obiettivi  ed  imparziali  e  procedure
pubbliche e trasparenti di accreditamento dei CSV, tenendo conto, tra
gli altri elementi, della rappresentativita' degli enti  richiedenti,
espressa anche dal numero di enti associati,  della  loro  esperienza
nello svolgimento dei servizi di cui all'art. 63, e della  competenza
delle persone che ricoprono le cariche sociali; 
      j) accredita i CSV, di cui tiene un elenco nazionale che  rende
pubblico con le modalita' piu' appropriate; 
      k) definisce gli indirizzi generali, i criteri e  le  modalita'
operative cui devono attenersi gli OTC nell'esercizio  delle  proprie
funzioni, e ne approva il regolamento di funzionamento; 
      l) predispone modelli di previsione e rendicontazione che i CSV
sono tenuti ad osservare nella gestione delle risorse del FUN; 
      m) controlla l'operato degli  OTC  e  ne  autorizza  spese  non
preventivate; 
      n) assume i provvedimenti sanzionatori nei confronti  dei  CSV,
su propria iniziativa o su iniziativa degli OTC; 
      o) promuove  l'adozione  da  parte  dei  CSV  di  strumenti  di
verifica  della  qualita'  del  servizi  erogati  dai  CSV   medesimi
attraverso le risorse del FUN, e ne valuta gli esiti; 
      p) predispone una relazione annuale sulla proprie  attivita'  e
sull'attivita' e lo stato dei CSV, che invia al Ministero del  lavoro
e delle politiche sociali entro il 31 maggio di  ogni  anno  e  rende
pubblica attraverso modalita' telematiche. 
    6. L'ONC non puo' finanziare iniziative o svolgere attivita'  che
non siano direttamente connesse allo svolgimento  delle  funzioni  di
cui al comma 5.» 
    L'organismo nazionale di controllo, dunque, pur qualificato  alla
stregua di una  fondazione  con  personalita'  giuridica  di  diritto
privato, riveste un ruolo decisivo e decisorio nel sistema del «Terzo
settore», sia sotto il profilo gestorio e finanziario, sia per quanto
riguarda  la  definizione  degli  indirizzi  strategici  generali  da
perseguire attraverso le risorse del FUN. Il che, assommato alla  sua
costituzione mediante atto amministrativo (decreto del Ministero  del
lavoro), alla sua compagine rigorosamente predeterminata ex  lege,  e
ai rilevanti poteri sanzionatori attribuitigli e giustiziabili avanti
al giudice amministrativo ex art. 66 del  Codice,  lascia  propendere
per  una   qualificazione   di   tale   soggetto   solo   formalmente
privatistica, ma sostanzialmente pubblicistica. 
    In particolare,  tra  le  attribuzione  riconosciute  dal  Codice
all'ONC  ve  ne  sono  numerose  che  sono  idonee   a   incidere   e
significativamente  sulla  strutturazione  dell'intero  sistema   del
«Terzo settore», il quale, come  gia'  rilevato  nella  premessa  del
presente ricorso, influenza e  in  modo  rilevante  ambiti  materiali
affidati alle cure regionali, tra cui spiccano  quello  della  tutela
della salute sotto forma  di  erogazione  di  prestazioni  e  servizi
sanitari, dei servizi sociali, del turismo, della valorizzazione  dei
beni culturali ecc. 
    Si pensi alla previsione del  secondo  comma  dell'art.  61,  del
decreto   legislativo   impugnato,   che   attribuisce   all'ONC   la
determinazione del  numero  di  enti  accreditabili  come  Centri  di
servizio per il volontariato nel territorio nazionale, assicurando la
presenza di almeno un CSV per ogni regione  e  provincia  autonoma  e
secondo criteri quantitativi (1 milione di abitanti  per  CSV,  salvo
citta' metropolitane), eccezionalmente  derogabili  solo  in  ragione
delle specifiche esigenze territoriali. 
    Tali CSV, enti associativi di secondo grado, sono  preposti  allo
svolgimento  di  attivita'  di   supporta   tecnico,   formativo   ed
informativo al fine di promuovere e  rafforzare  la  presenza  ed  il
ruolo dei volontari negli enti del Terzo settore, assicurano  servizi
di promozione, orientamento e animazione territoriale, finalizzati  a
dare visibilita' ai valori del  volontariato  e  all'impatto  sociale
dell'azione  volontaria  nella  comunita'  locale,  a  promuovere  la
crescita della cultura della solidarieta' e della cittadinanza attiva
in particolare tra i giovani e nelle scuole, istituti di  istruzione,
di formazione ed universita', facilitando l'incontro  degli  enti  di
Terzo settore con i cittadini interessati  a  svolgere  attivita'  di
volontariato, nonche' con gli  enti  di  natura  pubblica  e  privata
interessati a promuovere il volontariato. 
    Garantiscono,  inoltre,  servizi  di   formazione,   servizi   di
consulenza, assistenza qualificata ed accompagnamento, finalizzati  a
rafforzare competenze e tutele dei volontari negli ambiti  giuridico,
fiscale,   assicurativo,   del   lavoro,   progettuale,   gestionale,
organizzativo, della rendicontazione economico-sociale, della ricerca
fondi,  dell'accesso   al   credito,   nonche'   strumenti   per   il
riconoscimento e la valorizzazione  delle  competenze  acquisite  dai
volontari medesimi nonche' servizi di informazione e comunicazione  e
servizi di supporto tecnico-logistico. Si puo', dunque, ritenere  che
il sistema dei centri di servizio per il volontariato costituisca  la
chiave di volta dell'intero sistema  del  Terzo  settore,  in  quanto
strumento intermedio indispensabile  per  assicurare  l'efficiente  e
proficuo funzionamento dello stesso. 
    Ne  consegue  che  la  potesta'  dell'ONC   di   determinare   la
distribuzione territoriale, anche a livello regionale, dei CSV assume
una assoluta  rilevanza  in  ordine  al  concreto  svolgimento  delle
politiche afferenti al Terzo settore, il  che  avrebbe  richiesto  il
riconoscimento in  capo  alle  Regioni  di  un  ruolo  partecipativo,
istruttorio e codecisorio. Contrariamente,  la  rappresentanza  delle
Regioni nell'ONC e del tutto marginale e irrilevante,  prevedendo  un
solo membro nominato, peraltro dalla Conferenza Stato-regioni, il che
non garantisce in alcun modo la rappresentanza  regionale  ne  quindi
nel caso di specie la ottimale distribuzione territoriale dei CSV. il
che, dunque, determina e conferma come la disposizione impugnata  sia
illegittima, in quanto lesiva del principio di  leale  collaborazione
di cui all'art. 120 Cost.  nonche'  delle  competenze  legislativa  e
amministrativa delle Regioni di cui agli articoli 117  e  118  Cost.,
vedendo gli enti territoriali incisa la propria autonomia politica  e
amministrativa in rilevanti ed estesi ambiti di  intervento  affidati
alle loro cure dal titolo V della Costituzione. 
    A   sanzionare   e   sanare    la    denunciata    illegittimita'
costituzionale, si puo'  percio'  ipotizzare  alternativamente  o  la
declaratoria di illegittimita' dell'art. 64, nella parte in  cui  non
prevede un'adeguata partecipazione degli enti  territoriali,  ovvero,
ove  non  si  ritenga  di  provvedere  in  tal  senso,  il  singolare
annullamento dell'art. 61, comma 2, nella parte in cui non e previsto
che la determinazione dell'ONC sia assunta  previo  parere/intesa  in
sede di Conferenza intergovernativa. 
    Analoghe considerazioni si possono prospettare  con  riguardo  al
settimo comma dell'art. 62 del decreto legislativo n.  117/2017,  che
affida all'ONC la  determinazione  dell'ammontare  del  finanziamento
stabile triennale dei CSV, anche sulla base del fabbisogno storico  e
delle mutate esigenze di promozione del volontariato negli  enti  del
Terzo settore, nonche' compito di stabilire la ripartizione annuale e
territoriale, su base regionale. 
    Nuovamente, determinazioni «amministrative»  dell'ONC  aventi  un
rilevante impatto sulle politiche regionali inferenti ai vari  ambiti
del Terzo settore vengono assunte senza che sia previsto un  adeguato
ruolo partecipativo o codecisorio da parte delle Regioni, ne in forma
strutturale, mediante la previsione  di  un  adeguata  partecipazione
territoriale all'organo di  amministrazione  dell'ONC,  ne  in  forma
estrinseca, mediante la previsione di  un  intervento  regionale  nel
procedimento decisorio dell'Organismo nazionale di controllo. Il  che
testimonia la illegittimita' costituzionale dell'art. 62, comma 7 del
decreto legislativo n. 117/2017 per violazione del principio di leale
collaborazione  di  cui  all'art.  120  Cost.,  violazione  idonea  a
riverberarsi, per i suoi  effetti  «espropriativi»,  in  una  lesione
dell'autonomia  politica,  legislativa  e  amministrativa  regionale,
vedendo vanificata o  comunque  alterata  la  potesta'  regionale  di
determinare e perseguire i propri  fini  istituzionali  in  rilevanti
settori quali la salute,  il  turismo,  la  valorizzazione  dei  beni
culturali, l'agricoltura e i servizi sociali in generale. 
    Invero, tali considerazioni  si  possono  estendere  a  tutte  le
funzioni  affidate  all'ONC  dall'art.  64,  comma  5   del   decreto
legislativo n. 117/2017, ragion per cui si  deve  concludere  per  la
illegittimita' costituzionale, non solo delle singole disposizioni in
precedenza censurate, ma dell'intero art. 64 nella parte in  cui  non
prevede   un'adeguata   partecipazione   regionale   all'organo    di
amministrazione dell'Organismo  ovvero  non  impone  che  l'esercizio
delle funzioni di cui al comma 5 avvenga previo parere/intesa con  le
Regioni, quanto meno nella loro rappresentanza costituita dal sistema
delle conferenze intergovernative. 
    Ne'  vale  a  sanare  il  deficit  di   costituzionalita'   delle
disposizioni impugnate il riferimento al principio di  sussidiarieta'
orizzontale di cui all'art. 118, comma IV, Cost..  Il  fatto  che  le
attivita' di interesse generale non  siano  monopolio  esclusivo  dei
pubblici poteri, ma possano  essere  svolte  anche  da  privati,  non
implica infatti un'abdicazione da parte dei  pubblici  poteri  ma  al
contrario  impone  una  regolamentazione,  anche  autoritativa,   che
assicuri  il  coordinamento  degli  sforzi  pubblici  e  privati  nel
soddisfacimento   del   superiore   interesse   generale.   Ma   tale
regolamentazione  si  inserisce,  in  ogni   caso,   nell'ordinamento
costituzionale  e  nel   riparto   di   competenze   disposto   dalla
Costituzione e non  puo'  diventare  strumento  di  violazione  delle
potesta' regionali. 
    Un organismo quale l'ONC, formalmente privato, ma sostanzialmente
pubblico,  esige  percio',  proprio  al  fine   di   garantire   tale
coordinamento, e pur anche un  adeguato  sistema  di  controllo,  che
nella sua composizione siano  adeguatamente  rappresentati  gli  enti
territoriali,  che  vedono  coinvolte   numero   competenze   proprie
nell'ambito del Terzo settore. E' dunque lo stesso art. 118, comma 4,
Cost. a comprovare come la scarsa  rappresentativita'  delle  Regioni
nell'Organismo  nazionale  di   controllo   costituisca   motivo   di
illegittimita' costituzionale dell'art. 64 del decreto legislativo n.
117/2017. 
    Le disposizioni qui impugnate integrano inoltre la violazione del
principio  di  eguaglianza  di  cui  all'art.  3  Cost.  nonche'  del
principio di buon andamento riconosciuto dall'art. 97 Cost. 
    Infatti,  come  gia'  rilevato  nell'introduzione  del   presente
ricorso, le cui argomentazioni devono considerarsi in  questo  motivo
interamente trasposte, il riconoscimento in capo alle Regioni  di  un
ruolo  centrale  nel  sistema  «amministrativo»  del  Terzo   settore
costituisce un requisito  essenziale  per  garantire  il  proficuo  e
sostanziale soddisfacimento degli  interessi  generali  sottesi  alle
attivita'  in  parola,  garantendo  prestazioni   -   «sociali»   che
assicurino l'eguaglianza  dei  cittadini,  in  termini  di  materiale
soddisfacimento del loro bisogni, e  l'efficiente  coordinamento  tra
l'esercizio dei pubblici poteri e l'iniziativa privata. 
    Nessun  rilievo  assume,  poi,   la   previsione   di   Organismi
territoriali di controllo, i quali non solo sono  soggetti  privi  di
autonoma  soggettivita'  giuridica,  ma  svolgono  compiti  meramente
esecutivi ed istruttori, privi di ogni rilevanza decisoria. I compiti
di tali organismi, sono specificati  dall'art.  65,  VII  comma,  del
decreto legislativo  n.  117/2017:  «Gli  OTC  svolgono  le  seguenti
funzioni in conformita' alle norme, ai principi e agli obiettivi  del
presente decreto, alle disposizioni dello statuto  e  alle  direttive
dell'ONC, e al  proprio  regolamento  che  dovra'  disciplinarne  nel
dettaglio le  modalita'  di  esercizio:  a)  ricevono  le  domande  e
istruiscono le pratiche di accreditamento  dei  CSV,  in  particolare
verificando  la  sussistenza  dei  requisiti  di  accreditamento;  b)
verificano  periodicamente,   con   cadenza   almeno   biennale,   il
mantenimento dei requisiti di accreditamento come  CSV;  sottopongono
altresi' a verifica  i  CSV  quando  ne  facciano  richiesta  formale
motivata il Presidente dell'organo di controllo interno del CSV o  un
numero non inferiore al 30 per cento di enti associati o un numero di
enti non associati pari ad almeno il 5 per  cento  del  totale  degli
enti iscritti nelle pertinenti sezioni regionali del  Registro  unico
nazionale del Terzo settore; c) ripartiscono tra i CSV  istituiti  in
ciascuna  regione  il  finanziamento  deliberato  dall'ONC  su   base
regionale ed ammettono a finanziamento la programmazione dei CSV;  d)
verificano la legittimita' e la correttezza dell'attivita' dei CSV in
relazione all'uso delle risorse del FUN,  nonche'  la  loro  generale
adeguatezza organizzativa, amministrativa e contabile, tenendo  canto
delle disposizioni del presente decreto e  degli  indirizzi  generali
strategici fissati dall'ONC;  e)  nominano,  tra  i  revisori  legali
iscritti nell'apposito registro e con specifica competenza in materia
di Terzo settore, un componente dell'organo di controllo interno  del
CSV con funzioni di presidente e diritto di assistere  alle  riunioni
dell'organo  di  amministrazione  del  CSV;  f)  propongono   all'ONC
l'adozione di provvedimenti sanzionatori nei confronti  dei  CSV;  g)
predispongono una relazione  annuale  sulla  propria  attivita',  che
inviano entro il 30 aprile di ogni anno all'ONC  e  rendono  pubblica
mediante  modalita'  telematiche.».  Come  si  vede,  si  tratta   di
attivita' e compiti prettamente istruttori, con nessuna  possibilita'
di incidere sulle politiche in materia. 
    La disciplina contenuta nell'art. 64 relativo all'ONC sia  quella
dell'art. 65 concernente gli  Organismi  territoriali  di  controllo,
sono viziate per eccesso di delega e, dunque, adottate in  violazione
dell'art. 76 Cost. L'art. 5, comma  1,  lettera  f)  della  legge  di
delega, infatti, ha previsto quali principi e criteri direttivi,  cui
il Governo doveva attenersi  nell'esercizio  del  potere  legislativo
delegato,  che  si  disponesse  la   «revisione   dell'attivita'   di
programmazione e controllo  delle  attivita'  e  della  gestione  dei
centri di servizio per il  volontariato,  svolta  mediante  organismi
regionali o sovraregionali, tra loro coordinati sul piano  nazionale,
prevedendo: 
      1) che tali organismi, in applicazione di criteri definiti  sul
piano nazionale, provvedano alla programmazione del  numero  e  della
collocazione dei centri di servizio, al loro  accreditamento  e  alla
verifica periodica del mantenimento dei  requisiti,  anche  sotto  il
profilo della qualita' dei  servizi  dagli  stessi  erogati,  nonche'
all'attribuzione delle risorse finanziarie anche in  applicazione  di
elementi di perequazione territoriale; 
      2) che alla costituzione di  tali  organismi  si  provveda  con
decreto del Ministro del lavoro e delle  politiche  sociali,  secondo
criteri di efficienza e di contenimento dei costi di funzionamento da
porre a carico delle risorse di cui all'art. 15 della legge 11 agosto
1991, n. 266, con l'eccezione di eventuali  emolumenti  previsti  per
gli amministratori e i dirigenti i cui oneri saranno posti a  carico,
in maniera aggiuntiva, delle fondazioni bancarie finanziatrici». 
      La geometria organizzatoria imposta dal  Parlamento  prevedeva,
dunque, l'attribuzione  di  poteri  decisori  in  capo  ad  organismi
regionali o sovraregionali,  affidando  invece  al  livello  centrale
statale unicamente un ruolo di coordinamento. In  particolare,  l'ONC
avrebbe dovuto limitarsi a definire  sul  piano  nazionale  dei  meri
criteri quanto alla programmazione del numero  e  della  collocazione
dei centri di  servizio,  al  loro  accreditamento  e  alla  verifica
periodica del mantenimento dei  requisiti,  anche  sotto  il  profilo
della  qualita'   dei   servizi   dagli   stessi   erogati,   nonche'
all'attribuzione delle risorse finanziarie anche in  applicazione  di
elementi di perequazione territoriale. Laddove, invece, gli organismi
regionali o infraregionali avrebbero dovuto  esercitare  il  relativo
potere decisorio in via autonoma, nei  limiti  dei  criteri  generali
statali, ma potendo  tenere  in  debita  considerazione  le  esigenze
territoriali. 
    Il tradimento dei principi e dei criteri direttivi della legge  6
giugno 2016, n. 106, e', dunque evidente. Come gia' evidenziato,  gli
articoli 64 e 65 del decreto legislativo n. 117/2017 hanno attribuito
i sopra enunciati poteri in capo all'ONC, attribuendo agli  organismi
regionali, in cui la rappresentanza delle singole Regioni e'  e  deve
essere piu' ampia e pervasiva di quanto non possa avvenire a  livello
centrale, un ruolo meramente esecutivo privo di ogni autonomo rilievo
decisorio. Cio' determina una palese violazione dell'art.  76  Cost.,
la quale ridonda in una lesione dell'autonomia politica,  legislativa
e amministrativa regionale di cui agli articoli 114, 117, commi  3  e
4, e 118 Cost., in quanto, come gia' rilevato, la strutturazione  del
sistema dei CSV e degli organismi di controllo e l'ampio novero delle
competenze attribuito a tali soggetti, e  in  grado  di  incidere  in
n-iodo rilevante sulle  scelte  di  politica  «sociale»  afferenti  a
numerose materie rientranti nella competenza regionale, fino a  poter
alterare  il  quadro  competenziale  disegnato  dal  titolo  V  della
Costituzione. Peraltro,  in  un'ottica  di  accentramento  a  livello
statale, che non era prevista e  voluta  dal  legislatore  delegante,
idonea a sacrificare e marginalizzare i bisogni specifici e peculiari
dei diversi territori, in tal  modo  ponendosi  irragionevolmente  in
contraddizione con gli articoli 3 e 97 Cost., menomando o,  comunque,
svilendo i bisogni  e  gli  interessi  «territoriali»  dei  cittadini
nonche' il buon andamento dell'agire pubblico. 
    2)  Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  72   del   decreto
legislativo 3 luglio 2017, n. 117, recante «Codice del Terzo settore,
a norma dell'art. 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno  2016,
n. 106» per violazione degli articoli 97, 117, commi III  e  IV,  118
Cost.,  oltreche'  del  principio  di  leale  collaborazione  di  cui
all'art. 120 Cost. 
    L'art. 72 del decreto legislativo n. 117/2017,  rubricato  «Fondo
per il finanziamento di progetti e attivita'  di  interesse  generale
nel Terzo settore» statuisce che: «1. Il Fondo previsto dall'art.  9,
comma 1, lettera g), della legge 6 giugno 2016, n. 106, e destinato a
sostenere, anche attraverso le reti associative di cui  all'art.  41,
lo svolgimento di attivita' di interesse generale di cui all'art.  5,
costituenti  oggetto   di   iniziative   e   progetti   promossi   da
organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale  e
fondazioni del Terzo settore, iscritti nel Registro  unico  nazionale
del Terzo settore. 
    2. Le iniziative e i pro getti di cui al comma 1  possono  essere
finanziati anche in attuazione  di  accordi  sottoscritti,  ai  sensi
dell'art. 15 della legge 7 agosto 1990, n.  241,  dal  Ministero  del
lavoro e delle politiche sociali con le pubbliche amministrazioni  di
cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30  marzo  2001,  n.
165. 
    3. Il Ministro del lavoro e  delle  politiche  sociali  determina
annualmente con proprio atto di indirizzo gli obiettivi generali,  le
aree prioritarie di intervento e le linee di  attivita'  finanziabili
nei limiti delle risorse disponibili sul Fondo medesimo. 
    4. In attuazione dell'atto di indirizzo di cui  al  comma  3,  il
Ministero del lavoro e delle politiche sociali individua  i  soggetti
attuatori degli interventi finanziabili  attraverso  le  risorse  del
Fondo, mediante procedure poste in essere nel rispetto  dei  principi
della legge 7 agosto 1990, n. 241. 
    5. Per l'anno 2017, la dotazione della seconda sezione del  Fondo
di cui all'art. 9, comma 1, lettera g), della legge 6 giugno 2016, n.
106, e incrementata di 40 milioni di euro. A decorrere dall'anno 2018
la medesima dotazione e incrementata di 20  milioni  di  euro  annui,
salvo che per l'anno 2021, per il quale e incrementata di 3,9 milioni
di euro.» 
    La disposizione in parola istituisce,  presso  il  Ministero  del
lavoro e delle politiche sociali, un fondo destinato a  sostenere  lo
svolgimento di attivita' di interesse generale rientranti nell'ambito
del Terzo  settore,  attraverso  il  finanziamento  di  iniziative  e
progetti promossi da organizzazioni di volontariato, associazioni  di
promozione sociale e fondazioni  comprese  tra  gli  enti  del  Terzo
settore, disciplinandone altresi' le modalita' di funzionamento e  di
utilizzo delle risorse. 
    Il  Fondo  in  parola,  finanziando  con  rilevanti  risorse   lo
svolgimento di attivita' di interesse generale  di  cui  all'art.  5,
sotto forma di puntuali iniziative e progetti, viene a incidere, e in
modo significativo, su ampi settori affidati alle cure regionali.  Si
pensi, a mero titolo esemplificativo, alla  prestazioni  sanitarie  e
socio-sanitarie,  oppure   alla   materia   del   turismo   e   della
valorizzazione dei beni culturali. 
    Ne consegue che, pur trattandosi di un Fondo statale, esso  e  in
grado di incidere rilevantemente su ambiti di  competenza  regionale,
alterando  la  capacita  e   comprimendo   l'autonomia   degli   enti
territoriali di amministrare i correlati interessi  pubblici  il  cui
soddisfacimento affidato agli stessi dalla Costituzione. 
    Codesta ecc.ma Corte ha avuto modo di stabilire  che  «L'esigenza
di rispettare il riparto costituzionale delle competenze  legislative
fra Stato e Regioni comporta altresi' che, quando tali  finanziamenti
riguardino ambiti di competenza delle Regioni, queste siano  chiamate
ad esercitare compiti  di  programmazione  e  di  riparto  dei  fondi
all'interno del proprio territorio.» (sentenza n. 16/2004; v., anche,
da ultimo, decisione n. 189/2015) 
    Ove cio' non avvenga, il ricorso a finanziamenti ad  hoc  rischia
di divenire uno strumento indiretto, ma pervasivo di ingerenza  dello
Stato nell'esercizio delle funzioni  degli  enti  territoriali  e  di
sovrapposizione di politiche e di indirizzi governati centralmente  a
quelli legittimamente decisi dalle Regioni negli ambiti materiali  di
propria competenza. 
    Nel caso di specie, e il solo Ministero del lavoro che  determina
gli obiettivi generali, le aree prioritarie di intervento e le  linee
di attivita' finanziabili nonche' quali  debbano  essere  i  soggetti
attuatori, senza che sia prevista alcuna  forma  di  intervento,  ne'
istruttorio ne' decisorio ne' programmatorio, da parte delle Regioni,
le quali,  dunque  si  vedono  espropriate  della  propria  autonomia
politica e amministrativa. 
    Risultano, dunque, violati gli articoli 117, commi III  e  IV,  e
118 Cost., ponendosi le concrete modalita' di funzionamento del Fondo
in parola  in  aperto  contrasto  con  l'autonomia  amministrativa  e
legislativa delle Regioni, laddove si vengano a finanziare interventi
o progetti afferenti a materie di competenza regionale. 
    La mancata previsione di  ogni  apporto  partecipativo  da  parte
delle Regioni determina inoltre una grave  e  deleteria  lesione  del
principio di leale collaborazione di  cui  all'art.  120  Cost.,  che
potra' essere sanata  unicamente  prevedendo  l'intervento  decisorio
delle Regioni in sede di determinazione dei criteri  di  ripartizione
del Fondo sui rispettivi territori e di distribuzione delle  relative
risorse. 
    Conferma del presente motivo di illegittimita' costituzionale  si
rinviene, poi, nell'art. 73  del  Codice,  ove  il  legislatore,  nel
destinare altre risorse finanziarie al sostegno degli enti del  Terzo
settore, fa espresso riferimento al finanziamento di  «interventi  in
materia di Terzo settore di competenza del  Ministero  del  lavoro  e
delle politiche sociali». In tal modo giustificando la previsione  di
un potere decisorio unilaterale in capo al  Ministero  del  lavoro  e
delle politiche sociali, non afferendo ne interferendo il vincolo  di
destinazione delle risorse finanziarie del  Fondo  nazionale  per  le
politiche  sociali  rispetto  ad  ambiti  materia   attribuiti   alla
competenza delle Regioni. 
    Tale alterazione del riparto di competenze e lo svilimento  delle
politiche regionali sono idonei a ledere anche il principio  di  buon
andamento dell'agire pubblico, in tal modo violando l'art. 97  Cost.,
a detrimento dell'interesse dei cittadini e del proficuo  svolgimento
delle attivita' «sociali» di interesse generale  afferenti  al  Terzo
settore, oltreche' a deporre per la irragionevolezza della disciplina
legislativa statale in violazione  dell'art.  3  Cost..  Determinano,
infatti, severi rischi di sovrapposizioni, se  non  contrapposizioni,
nell'ambito delle politiche sociali da perseguire  a  soddisfacimento
dei bisogni emersi nei vari territori.